Lettera 232

LETTERA 232 - MARZO 2025-APRILE 2025

Editoriale:

“L’inquietudine” La verità di essere “mendicante” di Dio

Autore:

di don Stefano Colombo Consigliere Spirituale Equipe Italia

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È tremenda, perché è anche lì dove meno te l’aspetti. Tutto sembra andare bene, percepisci che tutta la tua vita è benedetta, hai tante persone che riempiono positivamente le tue giornate, i desideri ti tengono in cammino, i sogni si realizzano, le persone care attorno a te si moltiplicano, eppure lei è lì, pronta a farsi sentire. Si lega a sospetti, a dubbi, a fatiche che tante volte si affacciano alla mente e al cuore, a volte spariscono con ragionamenti e scelte con crete, ma altre volte perdurano.

L’inquietudine è tremenda.

Ci sono poi tantissime situazioni attorno a noi che non possono assolutamente lasciarci tranquilli. Quello che accade a persone che conosciamo, quello che accade nel mondo, ci scuote, ci spaventa, ci rattrista e ci fa versare lacrime. E la sensazione che probabilmente tutto peggiorerà ci lascia smarriti e senza respiro. È minacciata la speranza, e la giusta consapevolezza della nostra piccolezza e delle nostre fragilità non ci aiuta certo a reagire e a fare tutto il possibile per tenerla viva in noi.

L’inquietudine è pericolosa.

Ma l’inquietudine è anche feconda se la prendi sul serio e vuoi cercare di dominarla. È feconda di domande essenziali, decisive, di riflessioni profonde. Rende sensibili, attenti e partecipi, ridimensiona ciò che è enfatizzato, libera da condizionamenti inutili. Personalmente posso dire che per un certo tempo mi ha disturbato e a volte tolto il sonno, ma mi ha anche rivelato la verità di essere “mendicante” di Dio. È segno di una povertà che è in realtà una bella possibilità di alzare lo sguardo verso Dio, che vuole donare la sua pace e verso gli altri, con cui è possibile vivere relazioni di vera fraternità.

L’inquietudine fa nascere nel cuore domande rivolte a Dio, ce Lo avvicina come unico vero interlocutore per risposte motivate unicamente dall’amore per noi. Determina un grande desiderio della luce di Gesù, della sua pace, della sua gioia, della leggerezza e serenità che solo lui può offrire purché disposti a caricare sulle sue spalle i pesi che non riusciamo a portare. Ci fa piangere con chi piange, ci fa urlare con chi è disperato, ci fa battere i pugni con chi non si accontenta di risposte preconfezionate e senza com-passione.

Se sei inquieto e non vuoi esserlo più cerchi alleati, perché finalmente capisci che i nemici solo apparentemente portano via con loro il tuo disappunto e la tua rabbia. Se sei inquieto e non vuoi esserlo più, tendi la mano e sei disposto a lasciartela afferrare; interrompi il tuo girovagare per fermarti a raccontare e a tentare di spiegare e ti disponi ad ascoltare davvero.

Chi vive l’inquietudine riconosce i suoi simili e dalle loro parole non si sente giudicato ma confortato e consolato davvero. L’altro lo riconosci fratello e con lui vuoi crescere e insieme camminare. A volte rende capaci di accorgersi che chi ti sta accanto ti ama per quello che sei e, spesso, solamente perché ci sei, finalmente capisci che ai suoi occhi la tua povertà non fa male anzi è preziosa.

L’inquietudine non è mai l’ultima parola per chi crede e per chi si comprende fratello di ogni uomo. È, musicalmente parlando, una “ouverture“ a un corale che dona pace, gioia e serenità