Venerdi Santo 2025 - Riflessione di don Stefano Colombo CS di Equipe Italia
18 aprile 2025
Vorrei con voi durante questa celebrazione della passione del Signore Gesù considerare da vicino la speranza di Gesù. Insieme alla sua fede e alla sua carità è il segreto del suo modo di affrontare la passione e la morte.
Ha sperato che Giuda comprendesse che il suo amore era più forte del suo peccato, del suo tradimento. Quanto amore e quanta speranza aveva messo nella parola “amico” che gli ha sussurrato all’orecchio e al cuore qualche ora prima. Gesù conosceva la fatica di non cedere alla disperazione una volta che si comprende il proprio errore. Sperava che, al momento della consapevolezza del grave errore commesso, la parola “amico” risultasse per lui come “una corda” cui aggrapparsi per non sprofondare nell’abisso.
Chissà cosa aveva pensato di Pilato? Dei suoi timori, della sua incapacità di prendere posizione per ciò che aveva anche intuito che fosse giusto fare.
Cosa aveva pensato quando la folla era stata chiamata a scegliere tra la sua libertà e quella di Barabba? Aveva un nome così bello e importante quel prigioniero… “figlio del Padre”.
“Crocifiggilo crocifiggilo” e nessun altro grido…chissà se aveva visto almeno volti disperati, cuori affranti.
E poi dolore, dolore di ogni tipo, cattiveria scatenata e incomprensibile che coinvolgeva anche chi, forse, voleva almeno starsene alla larga. Qualcuno da vicino insultava e colpiva ma molti (tutti?) avrebbero voluto fare altrettanto.
Con che cuore Gesù ha accolto l’aiuto di Simone di Cirene…chissà come lo ha guardato? Chissà se ha provato a comunicargli qualcosa? E chissà come e con che sguardi Simone ha condiviso con lui il peso di quello strumento di morte.
“Gesù Nazareno re dei Giudei!”. Pochissimi giorni prima lo avevano gridato i bambini, i poveri, molti discepoli, chi lo aveva accompagnato nell’ingresso nella città santa. Verba volant..
Ora l’aveva scritto sopra la testa mentre era sul suo trono, quello della croce. Non ne avrebbe comunque voluto uno di un altro tipo…. Lì poteva davvero esercitare la sua regalità all’insegna del servizio, della giustizia, della scelta e della difesa degli umili…
Chissà se c’è stato un momento in cui comunque Gesù ha smesso di sperare nella possibilità di conversione per molti.
Che effetto avevano poi le provocazioni e gli insulti che insieme al dolore fisico e spirituale gli cascavano addosso, lo tormentavano?
Vorrei che venisse dal cuore, e non fosse solo legata ad una emozione di queste ore, il desiderio ardente di Francesco di Assisi di comprendere quale amore gli poteva permettere di sopportare tutto il male, tutto il dolore, la solitudine che stava vivendo.
Ma vorrei anche comprendere un po’ di più la fede di Gesù, il suo rapporto d’amore con Dio sempre e comunque papà per lui.
E vorrei comprendere la sua speranza. Come faceva a guardare tutto con occhi pieni di speranza e riuscire a fare in modo che la sua speranza sostenesse e incoraggiasse la fede e la scelta di essere amore sempre e comunque, come poteva riuscire a pensare che non sarebbe assolutamente stato tutto inutile, che tutto quello che stava accadendo con una tal violenza, cattiveria non sarebbe stata la fine e la vittoria del male.
Gli apostoli, i discepoli che non erano li con lui, Giuda, Pietro, Pilato, Barabba, le guardie, la folla del crocifiggilo, i capi dei Giudei, i ladroni potevano essere ancora la sua speranza?
Gli uomini possono ancora essere la speranza di Gesù e del Padre?
Timidamente il Vangelo di offre semi di speranza: il centurione e “Vi erano là anche molte donne, che osservavano da lontano; esse avevano seguito Gesù dalla Galilea per servirlo. Tra queste c’erano Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo e di Giuseppe, e la madre dei figli di Zebedeo”.
Forse, come loro, anche noi siamo piccoli semi di speranza.